Chiesetta di San Simon di Zèneghe

La chiesetta di San Simon di Zèneghe, dipendente dalla parrocchia di Tisoi, ma attualmente di proprietà privata, sorge isolata in un ambiente rurale ed è facilmente riconoscibile per la sua vela campanaria; è intitolata ai Santi Simone e Giuda e attestata in un testamento del 1392 come “ecclesie s.ti Simonis de Cenegis”.

Due lapidi poste all’interno, sopra l’ingresso, ricordano due restauri: il primo, eseguito nel 1680, per ordine del vescovo-conte di Belluno e nobile veneto Giulio Berlendis, in cui la chiesetta originaria, molto trascurata (fere neglecta), venne rinnovata (ad pristina sp. valitate revivisci); il secondo, fatto nel 1938, per riparare i danni alla chiesa e al tetto causati dal terremoto del 18 ottobre 1936.

La pala dell’altare, opera di Francesco Frigimelica il Vecchio (1570 – 1649), rappresenta la Madonna con il Bambino Gesù, in gloria fra gli angeli, tra i santi Simone e Giuda Taddeo; sormonta il quadro lo stemma del vescovo di Belluno Giovanni Francesco Bembo, successore del Berlendis.

Sulla parete di sinistra, a fianco dell’altare, si trova un affresco di una santa (Margherita?) che regge nella mano destra un libro e nella sinistra la palma del martirio; i tratti del volto sono marcati (probabilmente per un restauro) e i capelli biondi scendono divisi sulle spalle; l’opera di autore ignoto, in base alle caratteristiche pittoriche dell’abito della santa, ornato da motivi floreali, è stata datata alla metà del XV secolo.

Sulla parete a destra dell’altare, in alto, è murato lo stemma del vescovo Berlendis.

A fianco dell’altare, a destra, si trova un inginocchiatoio con lo stemma del vescovo di Belluno Giosuè Cattarossi, che reggeva la diocesi all’epoca del secondo restauro.

Il toponimo Zèneghe ha due diverse attestazioni antiche, entrambe del 1392; la prima, già ricordata, relativa alla chiesa di San Simon “de Cenegis”; la seconda presente negli Statuti di Belluno del 1392, in cui è citata la regola di “Cenegis”, assieme alle altre vicine di Bolzano Bellunese, Tisoi, Libano, Barp e Bolago; in un’edizione degli stessi Statuti del 1747, il nome della regola è già diventato “Zenegis”. Pare poco verosimile, in base alle due antiche attestazioni, l’ipotesi che Zèneghe sia un fitonimo derivato dal nome di un’erba, il senecio. Sembra plausibile, invece, che Zèneghe derivi dal sostantivo di origine popolare latinizzato zenezum, attestato con forme varie (zenego, cenezo, ceneso, cenegio) in antiche pergamente delle Giudiciarie trentine, con il significato di “pascolo” o di “pertinenze adibite a pascolo”, presso malghe; il vocabolo, ora scomparso, pare fosse molto diffuso nel XIV sec., restando in uso almeno fino al XVI secolo; nella montagna bellunese è tuttora sostituito dal termine campìgol.

Per saperne di più

La Parrocchia dei Santi Faustino e Giovita in Libàno. Storia e religiosità della sua gente, a cura di Gianni De Vecchi, don Francesco Di Stefano, Edito dalla Parrocchia dei Santi Faustino e Giovita in Libàno di Sedico (BL), Tipografia Piave, Belluno, 2006, 342 (12 maggio 1392, testamento di Pasqualino da Bolzano Bellunese, in Archivio capitolare di Belluno, n. 190).
Flavio Vizzuti, Una segnalazione: l’inedito affresco prevecelliano di Zeneghe, ASBFC 1982 (241), 150 – 151.
Statuti di Belluno del 1392 nella trascrizione di età veneziana, a cura di Enrico Baccetti, 2002, 327.
Novissima Statuta Magnificae Civitatis Belluni, Venezia, Leonardo Tivano, 1747, 289.
Michele Bella, Acta montium. Le malghe delle Giudiciarie, 2020, 279 – 280.
Ernesto Lorenzi, Dizionario toponomastico tridentino, Archivio per l’Alto Adige, 1929 (XXIV), 266.

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